Valentina Durante – Copy & Story | A chi parliamo quando parliamo d’amore?
Come costruire le buyer personas prendendo spunto dalle narrazioni (ci sono Renzo, Lucia e la loro lista di nozze online).
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A chi parliamo quando parliamo d’amore?

 

Come costruire le buyer personas prendendo spunto dalle narrazioni

 

Mentre scriviamo e raccontiamo dovremmo sentire il lettore. Soprattutto dovremmo sentire i suoi tempi.”

Questa frase proviene da “(non) Un corso di scrittura e narrazione” di Giulio Mozzi: un saggio – peraltro molto piacevole da leggere – che tratta appunto di narrazioni.

In questo post io parlerò invece di comunicazione pubblicitaria: di quei messaggi, non necessariamente testuali, che un’azienda invia al (ai) proprio (propri) target per ottenere un preciso e consapevole risultato: aumento della notorietà, miglioramento della reputazione, vendita di un prodotto, associazione a determinati valori. Questo risultato, quand’anche non misurabile, deve potersi convertire monetariamente in un certo punto del tempo (niente vendite, niente profitti, niente azienda).

E dunque: funziona quell’affermazione in un contesto pubblicitario?

Assolutamente sì: una comunicazione che non sente il suo destinatario è destinata all’irrilevanza (perché dovrei dare rilievo a un messaggio che mi fa sentire escluso?), dunque al fallimento.

Bisogna sentire il lettore (il target). Ma, all’atto pratico, questo lettore (target) chi è?

Continuo a citare:

Provate a osservarvi mentre leggete, mentre assistete a una commedia o guardate un film. Non c’è altro modo di imparare a immaginare il lettore, che provare a sentire noi stessi mentre siamo lettori.”

Questo, che è un consiglio d’oro per la scrittura narrativa, va agìto invece con cautela quando si tratta di comunicazione pubblicitaria. Nei miei ormai vent’anni di consulenza, mi sono resa conto che la maggior parte dei fallimenti nella comunicazione aziendale ha a che vedere con lo stesso problema: le aziende si ostinano a comunicare con un ipotetico destinatario che è la proiezione di loro stesse. Un fantasma del responsabile marketing, del responsabile prodotto, dell’imprenditore, dell’addetto all’ufficio stampa, del buyer. Ma questo fantasma non può fare le veci del consumatore per il semplice motivo che il dipendente o consulente aziendale, quale che sia il suo ruolo o livello, ha, rispetto al consumatore medio, una conoscenza enormemente superiore dei prodotti che l’azienda propone. Il dipendente di un’azienda di lampade vive a contatto con le lampade otto ore al giorno, cinque giorni su sette. Vede lampade, ascolta parlare di lampade, legge testi sulle lampade, fa telefonate riguardanti le lampade, tocca lampade, testa lampade, acquista lampade a un prezzo di favore.

Quello che segue è un estratto da “Effetto domino” di Romolo Bugaro. Bugaro, oltre a essere un narratore validissimo, ha una grande capacità di caratterizzazione dei personaggi. Il personaggio di cui si parla qui è Franco Rampazzo, un imprenditore edile che – classico veneto fattosi da sé – frequenta cantieri fin dalla giovane età. Rampazzo si trova a Duna Verde, per una breve vacanza con la famiglia, ed ecco come descrive la località di mare (la narrazione è in terza persona).

Franco Rampazzo aveva alzato gli occhi, dato un’occhiata alle facciate dei palazzi costruiti lungo il piccolo corso. Molte presentavano cavillature e segni di muffa. Chiazze verdi più o meno estese sotto ai terrazzi, vicino alle grondaie. La maggior parte degli infissi erano vecchi, proprio da buttare, e così le converse. Erano costruzioni degli anni Sessanta, senza isolamento termico né acustico. Si sarebbero dovute rifare guaine e coperture. Meglio ancora, buttar giù tutto e ricostruire daccapo.”

Io sono andata a Duna Verde per anni e mai – mai – ho fatto un pensiero simile sui palazzi del piccolo corso. Probabilmente non li ho neppure mai guardati con attenzione e certo, se avessi dovuto descriverli, non avrei usato termini come “cavillature”, “converse”, “guaine”, “coperture”. Franco Rampazzo non è un acquirente-tipo di case. O, diversamente detto, la maggior parte degli acquirenti di case non sono Franco Rampazzo, ossia imprenditori edili.

Tenete sempre presente che: tolti i gruppetti di fanatici, tolti i dipendenti della concorrenza (ma che acquisteranno, se non altro per via del trattamento di favore, dalla concorrenza), tolti i colleghi, la gran parte dei vostri consumatori ha una conoscenza del prodotto molto ridotta rispetto alla vostra. E, cosa che rende ancora più complicata la faccenda, al vostro consumatore non importa poi molto né di voi, né del vostro prodotto. Gli importa il bisogno che vuole soddisfare (il più delle volte inconscio) o il problema che vuole risolvere (il più delle volte inconscio in sovrapposizione a un problema conscio). Quindi non è nemmeno così utile che voi portiate il consumatore al vostro stesso livello di conoscenza: è utile invece che soddisfiate il suo bisogno o risolviate il suo problema.

Resta però il fatto che il destinatario della comunicazione va sentito. Dunque immaginato, anche se non possiamo immaginarlo a partire dalla nostra esperienza. Inoltre parlare di destinatario al singolare è improprio, dato che un’azienda ha solitamente più target e che a volte target di comunicazione, target di acquisto e target di utilizzo non si equivalgono. Esempio: per promuovere un nuovo modello di pannolini posso predisporre dei kit di prova destinati ai punti nascita (dunque alle ostetriche: target di comunicazione), con l’obiettivo di far conoscere il prodotto alle neomamme (target di acquisto) che lo metteranno alla prova con i loro bambini (target di utilizzo).

Per immaginare i suoi target (lo so, i colleghi usano “profilare” ma io lo ritengo orrendo, sia il termine che il concetto: le persone non sono travi di alluminio), il marketing fa uso delle cosiddette buyer personas: profili di consumatori-tipo dove vengono indicati i tratti caratteriali, gli interessi, l’orientamento sessuale, lo stile di vita, i pregiudizi, le paure, e così via. Le personas non mi sembrano tanto dissimili dalle care, vecchie schede personaggi: che però io, in narrazione, non sono mai riuscita a fare o solo parzialmente. Non sono mai riuscita ad avere, dei miei personaggi, una conoscenza perfetta ed esaustiva prima di incominciare a scrivere, ma li ho sempre incontrati strada facendo: per me la scrittura narrativa ha sempre un contenuto di scoperta (ma può essere che sbagli io).

Ecco: quando si parla di marketing tutti gli elementi delle personas andrebbero esplorati e delineati prima di lanciarsi nella comunicazione. Il comincio-a-comunicare-e-vedo-chi-abbocca è assolutamente sconsigliabile: perché un romanzo che fallisce al massimo lo si riscrive o non lo si pubblica. Una comunicazione pubblicitaria che fallisce può determinare danni irreversibili, anche a lungo termine.

Le schede personaggi sono un’ottima traccia per definire le personas: e su Internet si trovano tanti buoni modelli. Con una accortezza: bisogna sempre considerare anche il comportamento d’acquisto, per poter ipotizzare delle azioni conseguenti. Facciamo un esempio: quale sarebbe il comportamento di acquisto online dei personaggi dei “Promessi sposi”? (perché proprio i “Promessi sposi”? Perché è un romanzo con personaggi molto ben caratterizzati e di cui tutti – almeno per obbligo scolastico – hanno fatto esperienza.)

 

Lucia Mondella

Incarna il modello della consumatrice devota, tendenzialmente fedele alla marca, ma suscettibile al peer pressure. Molto sensibile al principio della riprova sociale (lo fanno gli altri, dunque lo faccio anch’io). I commenti negativi la scoraggiano e la inibiscono. Ha un modello di consumo spiccatamente orientato alla coerenza (Robert Cialdini sostiene che, in linea di massima, il nostro comportamento è molto influenzato dalle scelte che abbiamo fatto in passato. Questo principio è così radicato nel nostro cervello rettile – quello più antico, dunque inconscio – che spesso preferiamo adottare comportamenti razionalmente controproducenti piuttosto che smentire noi stessi, le nostre affermazioni o credenze. Ma in certe persone questo meccanismo è particolarmente acuito).

Azioni consigliate:

– Evidenziare rating e giudizi dei prodotti.

– Non eliminare i giudizi negativi, ma metterli in mezzo (data una lista di elementi, il cervello tende a ricordare e ritenere più importanti i primi e gli ultimi, dimenticando tutti quelli che si trovano al centro).

– Prevedere form di registrazione o di acquisto multistep: è difficile che il processo, già iniziato, venga abbandonato (per la suddetta coerenza).

 

Lorenzo (Renzo) Tramaglino

È un consumatore impulsivo e poco disposto ad aspettare. Ha tendenza all’acquisto irrazionale e compulsivo. Incline al pentimento post-acquisto, con ricadute a lungo termine sulla fedeltà alla marca (mi hanno fregato, col fischio che compro ancora).

Azioni consigliate:

– Eliminare tutto ciò che rallenta l’acquisto: troppi passaggi al check out, form macchinosi…

– Prevedere le registrazioni istantanee via Facebook o altri social.

– Creare occasioni per la razionalizzazione post-acquisto, a esempio tramite condivisione sui social.

– Aver cura che le immagini siano orientate nel senso di utilizzo (es. un trapano con la punta rivolta verso sinistra).

 

Don Abbondio

Timoroso, sospettoso, conservatore, ostile alle novità. Reagisce con diffidenza all’innovazione. Accoglie il cambiamento con ritardo e solo se non ne può fare a meno. L’eccesso di scelta lo disorienta.

Azioni consigliate:

– Va rassicurato sulla sicurezza dell’acquisto: transazioni sicure con carta di credito, soddisfatti o rimborsati, reso gratuito, prova gratuita senza vincoli…

– Evitare parole come “nuovo”, “innovativo”, “rivoluzionario”, oppure smorzare: “nuovi ingredienti al gusto di sempre”; “nuovo design, stesse prestazioni”.

– Evitare l’eccesso di scelta: mai più di tre opzioni (il cervello ne processa al massimo sei, poi interviene un eccessivo carico cognitivo, dunque il disagio).

 

Agnese Mondella

È il classico esempio di consumatore-intenditore: vuol dimostrare (agli altri, prima che a se stessa) di aver fatto l’affare, di saper scegliere, di saper evitare le lusinghe del marketing, di conoscere il negozio dove si paga meno, il ristorante dove gli ingredienti sono più freschi, il giorno della settimana in cui cominciano gli sconti. Ama dispensare consigli gli altri.

Azioni consigliate:

– Sfruttare l’effetto-Ikea, tale per cui attribuiamo maggior valore alle cose che abbiamo contribuito a realizzare. Questo significa non solo prodotti da assemblare, ma anche configuratori online.

– Sfruttare l’effetto-esca, per dare l’illusione di aver fatto l’affare: introdurre una variante prodotto più costosa, per rendere maggiormente appetibile quella di prezzo inferiore.

– Attenzione ai messaggi sfacciatamente pubblicitari, che rischiano di essere istantaneamente esclusi dall’attenzione.

 

Don Rodrigo

Vanesio e orgoglioso, è particolarmente sensibile al competitive consumption.

Azioni consigliate:

– Prodotti in esclusiva e in anteprima (early bird).

– Edizioni limitate.

– Uso di testimonial che accrescano il percepito del prodotto.

– In caso di B2B, esporre i loghi dei clienti più noti.

 

L’Innominato

Un perfetto esempio di consumatore che valuta il prodotto come occasione di miglioramento e trasformazione.

Azioni consigliate:

– Tutorial online.

– Webinar.

– White paper sul prodotto (L’innominato amerebbe questa guida realizzata da Magnum Photo).

– Confronti prima-e-dopo.

 

Cardinal Federigo Borromeo

Vive il consumo come atto sociale. È interessato ai risvolti etici e ambientali del prodotto. È particolarmente ostile alla comunicazione ingannevole.

Azioni consigliate:

– Sottolineare l’impatto ambientale ed etico dei prodotti, avendo cura di non scadere nel greenwashing.

– Esibire certificazioni ambientali, investimento degli utili in attività a sostegno dell’ambiente o culturali o etiche, compensazione delle emissioni di Co2 ecc.

– Enfatizzare la trasparenza. Se necessario, esporre i propri limiti: si appare onesti e degni di fiducia.

– Per accrescere l’empatia della comunicazione, utilizzare immagini antropomorfe: i comportamenti esclusivi della specie umana, messi in atto da animali, stimolano maggiormente la nostra risposta emozionale (le foto dei gattini che fanno cose simpatiche-tenere, su Facebook).

 

E la Monaca di Monza? E Padre Cristoforo? Continuate voi.

A chi parliamo quando parliamo d’amore, dunque?

La comunicazione pubblicitaria, a differenza della narrazione, non mette mai il lettore veramente al centro. Al centro c’è sempre il brand, nel senso che mai un brand accetterebbe di compromettere se stesso, il suo posizionamento, la sua reputazione, in nome di un messaggio interessante o artisticamente valido. (Prada, qualche anno fa, lanciò un concorso di racconti. Andai a leggermi il bando. L’elenco di cose che non si potevano includere nel testo era sconcertante e prevedibile: no comportamenti che promuovessero l’uso di droghe, no comportamenti sessuali devianti, no inviti al razzismo…)

Molti anni fa, girava uno spot Nordica che trovo tuttora eccezionale per la sua disarmante onestà: uno sciatore dall’accento tedesco (purtroppo ora non mi sovviene chi) teneva in mano un paio di scarponi e diceva una sola frase, in loop: “Noi dobbiamo vendere Nordica”. Questo è ciò che fa la pubblicità: vendere. Che poi la si voglia vedere nell’ottica dello storytelling, del customer journey, dell’emotional journey, della mucca viola, del tribalismo, della guerrilla, che si voglia complicare e intorcinare il percorso, la destinazione ultima non cambia: vendere.

Quando parliamo d’amore, parliamo a un lettore. Quando parliamo di prodotti, parliamo a un consumatore. Ma ciò non toglie che lo si possa fare con etica: piacevolmente ed efficacemente. La pubblicità non è un inganno: è il punto d’incontro fra l’uomo e le merci che consuma. Vi pare poco? Contate, all’interno di una giornata, il numero di interazioni che avete con le persone. Poi contate il numero di interazioni che avete con la natura (tralasciate gite e vacanze, la maggior parte di noi trascorre al chiuso il 90% del tempo). Infine, contate il numero di interazioni che avete con le merci. E dunque, ripeto: vi pare poco?

 

Promessi sposi

Tre partecipanti a un focus group sulle liste di nozze online, in un momento particolarmente intenso

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